venerdì 12 ottobre 2012

La tounee' sudamericana di Assemblea Teatro si chiude in Argentina


Cuenca, Guayaquill, Quito, Bogotà, Asuncion, Montevideo. Grandi Teatri, sale off o Auditorium Universitari. Le parole delle madres de Plaza de Mayo e la storia recente argentina, la vita di Frida Kahlo e il Messico del primo 900, Dante e la lingua italiana nel mondo. 26 giorni di lavoro ed una ultima tappa in l’Argentina.

Il programma “Internazionale” di Assemblea Teatro di Torino nell'autunno 2012 si commenta da sé, così come la capacità di questa compagnia teatrale di lavorare contemporaneamente in due parti lontane del mondo e raccogliere frutti importanti tanto per la compagnia, quanto per la cultura italiana e la sua promozione nel mondo. Sedici spettacoli in lingua spagnola ed italiana, un pubblico interessato ed eterogeneo di oltre 4000 spettatori,  ed ora la tappa finale.



Terminata la lunga marcia di avvicinamento a Buenos Aires, la compagnia è pronta a incontrare nuovamente “las madres”, dopo l’appuntamento italiano del 13 settembre alla Farnesina. In Argentina, ospiti del Teatro La Mascara, in scena un simbolo femminile dell’interno Sudamerica, la pittrice Frida Kahlo, altro esempio di forza, coraggio, una vitalità capace di vincere ogni cosa, inclusa la morte. Un omaggio al coraggio e alla tenacia di un manipolo di donne che ha saputo cambiare la storia di un Paese ed essere di esempio nel mondo.

Lo spettacolo 'Viva la vida", a  causa di lavori sulla fornitura elettrica del quartiere dove ha sede il Museo della Memoria della ESMA, non va in scena questo sabato, 13 ottobre, ma viene  proposto domenica 14 ottobre al Teatro La Máscara in calle Piedras 736 nel centro di Buenos Aires.

Interessante anche il blog quotidiano sul sito di Assemblea Teatro (http://www.assembleateatro.com/diario-giornaliero-dal-sud-del-mondo),  che ha raccontato al pubblico italiano retroscena, numeri e sensazioni del lavoro oltreoceano. Un mezzo, Internet, che la compagnia torinese utilizza a piene mani, dandogli però calore e spessore, facendolo diventare mezzo che “avvicina” e fa sentire parte di un gruppo, in costante e continuo lavoro e movimento.

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