venerdì 4 ottobre 2013

25.10.1927, affonda il "Principessa Mafalda", la tragedia dei migranti italiani

In una giornata di grande tristezza e rabbia per quello che è accaduto davanti alla costa di Lampedusa, dove centinaia di uomini, donne e bambini, provenienti dall'Africa in cerca di una nuova occasione per dare un senso alla loro vita, se la sono vista strappare via in un tragico secondo, non si può non andare con la memoria indietro nel tempo, quando dai porti italiani partivano navi cariche di uomini, donne, famiglie intere, che lasciavano il loro paese per affrontare un lunghissimo viaggio, verso il Sud America, in cerca di quella nuova occasione.

Tra il 1876 e il 1976 si è calcolato che oltre 27 milioni di persone hanno lasciato la loro città, il loro paese per cercare fortuna in Argentina o in altri luoghi dell'America Latina. Tra questi ci sarebbero stati anche gli oltre 300 migranti che videro spegnersi la loro speranza davanti alle coste brasiliane il 25 ottobre 1927, quando il piroscafo italiano "Principessa Mafalda", con a bordo 1259 persone, si inabissò nelle acque dell'Oceano.



Il Principessa Mafalda era partito dal porto di Genova l'11 ottobre, in quello che doveva essere il suo ultimo viaggio. L'imbarcazione doveva essere smantellata, perchè non in più in grado di sopportare viaggi così lunghi. Qualcuno sapeva che il piroscafo aveva dei problemi, ma fu fatto partire lo stesso. I motori si guastarono già alla partenza, ci fu un lungo ritardo per ripararli, così come allo scalo di Barcellona, per altri danni da sistemare.

Il comandante del Mafalda, il siciliano Simone Gulì, chiese ripetutamente che fosse mandata un'altra nave in sostituzione perchè la navigazione era sempre più difficile e pericolosa. Gli fu risposto di no, di raggiungere Rio de Janeiro e attendere istruzioni.

La mattina del 25 ottobre 1927, il piroscafo era a 80 miglia dalle coste brasiliane, quando l'asse dell'elica sinistra si sfilò e l'elica stessa provocò uno squarcio nello scafo, a poppa. La nave imbarcava acqua e fu lanciato l'S.O.S. Il segnale di soccorso fu raccolto da diverse navi, che giunte vicino al Mafalda rimasero ad una certa distanza per paura che la nave esplodesse. Pericolo che era stato scongiurato dall'equipaggio del comandante Gulì, ma che non fu possibile comunicare alle navi vicine a causa del danneggiamento dell'impianto radio. 

Furono calate le scialuppe in mare, ma molte, in cattive condizioni imbarcavano acqua o prese d'assalto si rovesciarono o affondarono. Il panico assalì tutti e molti passeggeri si lanciarono in mare dai ponti della nave, molti affogarono, molti, come hanno poi raccontato i sopravvissuti, finirono preda degli squali. Alle 22.20 di quel 25 ottobre, il Principessa Mafalda, completamente invaso dall'acqua, si alzò e rapidamente di inabissò, fino a 2200 metri di profondità. Le autorità italiane di quel tempo parlarono di 314 morti, ma la stampa brasiliana scrisse che i morti furono molti, molti di più. 

Su quel piroscafo, dove in passato avevano viaggiato personaggi di gran fama, come Luigi Pirandello o Carlos Gardel, la voce del tango argentino, dovevano imbarcarsi anche Giovanni Bergoglio e suo figlio Mario, nonno e padre di Papa Francesco, ma alla fine rinunciarono perchè dovevano ancora finire di vendere i loro beni prima di affrontare il viaggio dal Piemonte all'Argentina. 

Una tragedia di oggi, una tragedia di ieri e un comune denominatore: la ricerca di una nuova occasione. A Lampedusa come nell'oceano davanti alle coste di Rio de Janeiro, il mare porta con sè i sogni di chi non ce l'ha fatta e non per colpa del destino, ma per l'irresponsabilità, la malvagità e anche la vigliaccheria di pochi.

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