"Se si dovesse descrivere l'America Latina, avrebbe il volto di Mercedes", ha detto il cantante argentino Víctor Heredia, uno dei tantissimi artisti che compaiono nel docufilm "Mercedes Sosa, La Voz de Latinoamérica", che ricorda la grande cantante argentina scomparsa nel 2009 a 74 anni.
Come esempio di quanto afferma Heredia basta vedere quante stelle del continente sudamericano hanno chiesto di portare la loro testimonianza sull'eredità artistica e umana che ha lasciato "La Negra", come era conosciuta la popolare cantante folk.
I brasiliani Chico Buarque e Milton Nascimento, il cubano Pablo Milanés, la cilena Isabel Parra (figlia di Violeta Parra) e il britannico David Byrne sono alcuni dei cantanti che nel documentario raccontano perchè Mercedes Sosa era conosciuta come "La voz de Latinoamérica".
Fito Paez |
Il documentario che è uscito il mese scorso nei cinema di Buenos Aires, rivela anche il ruolo che la Sosa ha avuto nella nascita del rock nazionale argentino. Stelle come Charly García, León Gieco e Fito Páez raccontano come La Negra ha dato slancio alla loro carriera artistica, sostenendo gli allora giovani cantanti dopo il ritorno della democrazia in Argentina negli anni '80 e '90.
I cantanti della nuova generazione come il portoricano René Pérez, cantante del gruppo Calle 13, o il folksinger argentino Abel Pintos, rivelano come la cantante argentina abbia continuato ad essere un collegamento tra le varie generazioni di artisti fino al giorno della sua morte.
Il film ha un segno decisamente personale, nato dall'idea del figlio dell'artista, Fabián Matus, che dirige la Fondazione Mercedes Sosa. "Abbiamo iniziato a lavorare a questa pellicola due mesi dopo la scomparsa della mamma - ha detto Matus in un'intervista alla BBC - L'idea era quella di creare qualcosa che ci permettesse di diffondere l'eredità di mia madre e mantenere viva la validità del suo lavoro".
"Nel film è possibile vedere due aspetti della persnalità di Mercedes, la Mercedes intima, che aveva timore di salire sul palco, e la Mercedes che era già sul palco e che stava sulla scena come un leone, una tigre feroce", ha aggiunto Matus. Un docufilm che ha richiesto un lunghissimo lavoro, come ha spiegato il registra Rodrigo Vila. "E' stato un lavoro lungo per trovare il materiale d'archivio che abbiamo usato. Abbiamo recuperato immagini dalla Svizzera, Germania, Brasile, Cile, Spagna e Cuba".
Matus, Vila e lo staff della produzione hanno raccolto e visionato anche 7000 foto e le interviste che la cantante ha concesso durante tutta la sua vita, a partire dagli anni 50, quando è cominciata la sua ascesa nel mondo della musica partendo dalla sua città nella provincia di Tucumán, nel nord dell'Argentina.
Il film mostra il volto più intimo della Sosa: la sua umile infanzia, i problemi con il suo primo marito, il dolore che le generò il dover andare in esilio, alla fine degli anni '70, dopo le minacce di morte ricevute dal gruppo paramilitare 'Triple A' per il fatto di essere iscritta al partito comunista. La parte però più accattivante del film è quella sulla sua vita, raccontata dalla stessa artista.
Alcune delle interviste incluse nel docufilm sono state registrate da Vila per un altro lavoro che il regista aveva realizzato con la cantante argentina poco prima della sua morte: "Cantora, un viaje íntimo", del 2009 e che mostrava il dietro le quinte dell'ultimo disco di duetti che ha registrato la Sosa.
Inoltre nel film sono contenute immagini inedite degli storici concerti tenuti da Mercedes Sosa al Teatro Ópera di Buenos Aires nel 1982, al suo ritorno in Argentina dopo l'esilio. León Gieco racconta dell'importanza simbolica che ebbero quegli spettacoli. "Mercedes Sosa è un'icona della democrazia. Quando abbiamo creduto nella democrazia? Quando Mercedes Sosa è venuta a suonare all'Opera".
fonte BBC Mundo
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