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martedì 4 marzo 2014

America Latina: rimesse in calo nel 2013, ma non è sempre un male

Le rimesse inviate ai paesi dell’America Latina e i Caraibi dai loro emigrati nel 2013 hanno raggiunto i 60 miliardi di dollari, l’1% in meno rispetto a quelle del 2012. Il segno meno è risultato più accentuato in Paraguay, Ecuador e Messico, secondo il rapporto annuale elaborato dall’organizzazione Dialogo Interamericano.

Secondo gli autori della ricerca ”il calo non è necessariamente una cattiva notizia”, dal momento che, in alcuni casi, proprio come il Paraguay, riflette miglioramento dell’economia locale”. Il documento divide i Paesi della regione in tre gruppi in base alle rimesse inviate dai circa 26 milioni di latinoamericani residenti all’estero, in larga parte negli Stati Uniti. 

sabato 12 marzo 2011

Appello Unicef: servono 1,4 miliardi di dollari per i bimbi nelle zone di crisi più estreme

Il mondo è investito da sconvolgenti umanitarie e l'Unicef, nel presentare il suo Rapporto sull’azione umanitaria per i bambini – Humanitarian Action for Children Report 2011, ha lanciato un preciso appello a tutti i suoi donatori: servono 1,4 miliardi di dollari per assistere bambini e donne intrappolati nelle crisi.

"Investire nei bambini e rafforzare la resilienza dei Paesi e delle comunità che vivono ai margini non solo riduce la loro strada per il recupero, ma contribuisce anche ad aumentare la capacità di gestione dei rischi, mettendo in atto misure di prevenzione prima che la crisi dirompa, mitigandone i danni in quest’ultimo caso", ha dichiarato Hilde Johnson, vicedirettore generale dell’Unicef.

Il mondo è stato testimone di sconvolgenti crisi umanitarie nel 2010: le inondazioni in Pakistan che hanno sommerso un quinto del Paese; il terremoto ad Haiti che ha causato più di 200.000 vittime e milioni di sfollati; la terra arida e la mancanza di cibo in tutto il Sahel che continuano a minacciare centinaia di migliaia di bambini con malnutrizione acuta e grave. Queste emergenze meritano i titoli dei giornali, ma ci sono crisi meno evidenti agli occhi dei media che minacciano la vita di molti altri bambini e delle loro famiglie. In tutto il mondo, siccità, carestie, conflitti violenti, esodi a lungo termine sono una realtà per milioni di persone.

Queste crisi umanitarie hanno conseguenze disastrose per i bambini, tra i quali il reclutamento nelle forze armate, la violenza sessuale e la perdita di servizi di base come acqua, sanità e istruzione. La portata senza precedenti dei disastri di Haiti e del Pakistan ha suscitato una risposta straordinaria a livello mondiale da parte di tutte le organizzazioni umanitarie e partner.
Il rapporto presenta crisi che richiedono un supporto eccezionale; mostra i luoghi in cui sono indispensabili provvedimenti urgenti per salvare vite, per proteggere i bambini contro le peggiori forme di violenza e abusi e per garantire l'accesso ai servizi di base, come acqua e igiene, salute, nutrizione e istruzione.

"Dopo un anno di devastanti calamità naturali e tragedie umane, non è mai stato più opportuno rafforzare la resilienza dei singoli e delle comunità che si trovano ripetutamente in pericolo"
, ha continuato Johnson. I 32 Paesi a cui si riferisce questo appello sono stati selezionati sulla base della gravità della crisi e del suo impatto sui bambini e sulle donne, sulla natura cronica o prolungata della crisi e sulla base del loro potenziale per produrre risultati duraturi salva-vita.

domenica 13 febbraio 2011

Dall’America Latina sempre meno immigrati

Nei giorni scorsi a Roma, organizzato dalla Focsiv (Federazione Organismi cristiani servizio internazionale volontariato), si è tenuto il seminario “Le migrazioni andine in Italia. Contesti di partenza e legami transnazionali”, nel quale sono stati analizzati moltissimi dati e dalla loro analisi, José Luis Rhi-Sausi, direttore del CeSPI, Centro Studi di Politica Internazionale, ha commentato che "Dall’America Latina sicuramente non si registrerà un incremento sostanziale dei flussi. Anzi: riguardo alla crisi economica che sta mettendo in ginocchio l’Europa, i Paesi andini registrano al contrario, rispetto al 2009, un tasso di crescita del 6%, che in Perù arriva all’8,6%, mentre cala la disoccupazione, scesa al 7,6% nel 2010 mentre l’anno precedente era all’8,2%”.

José Luis Rhi-Sausi ha poi aggiunto che "A partire dal 2015 assisteremo a una stabilizzazione delle migrazioni provenienti dai Paesi andini. Senza dimenticare che la migrazione interna e Sud-Sud è molto significativa, in aumento: assistiamo e assisteremo a una grande mobilità orizzontale. Nei Paesi andini, non solo Ecuador, Perù, Colombia e Bolivia, ma anche Cile e Venezuela, l’indice di povertà è sceso dal 44% nel 2002 al 32% del 2010, grazie a politiche mirate e specifiche in ambito sociale, oltre alla crescita economica”, ha riferito l’esperto, precisando che è in corso un progetto di cooperazione con l’Unione Europea e che al loro interno gli stessi Paesi “si stanno organizzando per adottare politiche comunitarie in ambito migratorio, con precisi strumenti operativi”. Se guardiamo al nostro Paese, la difficile congiuntura economica “ha colpito alla pari italiani e migranti, mentre in Spagna l’impatto è stato più forte sugli immigrati, perché l’economia del Paese è più basata sul mattone”, ovvero sugli investimenti immobiliari.

Le rimesse dei migranti restano un volano eccezionale per le economie locali e un flusso finanziario molto elastico, che soffre meno di altri gli shock provocati dalla crisi: "Se hanno subìto una brusca frenata nel 2009, in Honduras rappresentano il 20% del Prodotto interno lordo; in Ecuador circa il 45% delle rimesse proviene dalla Spagna, il 7% dall’Italia”, ha sottolineato il direttore del Cespi, notando che nel caso del Perù le somme inviate dai migranti provengono “nel 41% dei casi dagli Stati Uniti, nel 15% dalla Spagna, nel 6% dall’Italia”.

Sul sito www.mandasoldiacasa.it “confrontiamo i costi delle rimesse attraverso i diversi operatori, analizzando 12 corridoi d’invio (dalle banche alle società di moneytrasfer, in testa al grande business). Chiediamo di ridurre del 5% in 5 anni i costi d’invio – ha detto Rhi-Sausi -. In futuro aumenteranno i numeri di operatori: il caso di Banco Posta è ben riuscito, ancora non è una banca universale ma sta per diventarlo, e rappresenta il sistema che raccoglie più correntisti immigrati in Italia; il loro impegno è di ridurre i tempi d’invio da 48 ore a 24, dimezzando anche i costi”.

sabato 1 gennaio 2011

Rimesse verso casa aumentate di un terzo a Natale

Nel periodo di Natale, in tutto dicembre in genere, i dati raccolti in uno studio di MoneyGram, principale agenzia a livello mondiale per i trasferimenti di denaro, hanno evdienziato come in Italia, siano aumentate quasi del 30% le rimesse di denaro degli immigrati verso i Paesi di appartenenza.

Dal primo dicembre le transazioni hanno registrato una crescita del 30 per cento rispetto al mese precedente e lo studio MoneyGram evidenzia come trasferimento di soldi, accompagnato da messaggi di auguri, abbia visto 'in prima fila' principalmente gli europei dell'Est e i sudamericani.

In una classifica di 'generosità', risultano in testa i romeni seguiti dai polacchi, quindi sul terzo gradino del podio i sudamericani, seguiti da africani e albanesi.

venerdì 24 dicembre 2010

Disperato appello dei Nukak: “Vogliamo tornare a casa”

I Nukak sono un popolo di cacciatori-raccoglitori della regione del Guaviare, nel sud est della Colombia. Sono stati costretti a fuggire dalle loro terre dalle FARC, le forze armate rivoluzionarie di sinistra, secondo cui i Nukak costituirebbero un seria minaccia alle loro operazioni illegali nell’area.

Da quando sono emersi dalla foresta per la prima volta, nel 1988, oltre la metà dei Nukak sono stati sterminati, per lo più da malattie comuni introdotte dal contatto con gli esterni. Oggi, i sopravvissuti stanno lottando per adattarsi a un nuovo stile di vita sedentario e vivono ai margini delle città, nella totale dipendenza dai sussidi governativi.


“Abbiamo sempre vissuto del cibo che ci offriva la foresta”
ha dichiarato Joaquín alla radio nazionale Caracol. “Il cibo che ci danno qui a San José è buono, è il cibo degli uomini bianchi, ma ha effetti negativi sui bambini, ci mancano i nutrimenti della nostra foresta”. A dispetto degli sforzi governativi e di un’operazione di “Guerra della Droga” che ha ricevuto importanti finanziamenti dagli Stati Uniti, le coltivazioni di coca continuano a devastare la regione. Uno dei metodi più discutibili utilizzati per sradicare la coca prevede la nebulizzazione aerea di pesticidi mortali sui raccolti.

Questo sistema è finora servito solo a spingere gli agricoltori in regioni sempre più remote della giungla, quelle abitate dai popoli indigeni, alimentando violenze contro le comunità indigene locali.
Il vice presidente della Commissione per diritti umani, il senatore Alexander López, ha dichiarato: “Il trasferimento forzato… specialmente quello delle comunità indigene come i Jiw e i Nukak, costituisce una seria minaccia alla loro sopravvivenza come popoli… Gli Indiani dovrebbero tornare immediatamente nei loro territori e il loro stile di vita dovrebbe essere protetto con dignità”.

I Nukak sono uno degli oltre 30 popoli indigeni colombiani che rischiano l’estinzione secondo i dati raccolti dall’organizzazione nazionale indigena ONIC e l’Alto commissariato per i rifugiati delle Nazioni Unite. Survival sta conducendo una campagna per il diritto dei Nukak a ritornare nella loro riserva, a condizione che questo avvenga in sicurezza e che possano ricevere un’adeguata assistenza sanitaria.

“Questa drammatica e penosa situazione si sta trascinando già da troppo tempo”
ha commentato oggi il direttore di Survival International Stephen Corry. “Sui Nukak e gli altri popoli indigeni sta ricadendo tutto il peso del fallimento delle politiche governative anti-droga”.