Il dramma dei bambini nati è 'rubati' alle madri durante la dittatura argentina, dal 1976 al 1983, un viaggio autobiografico della regista Alejandra Perdomo, che si intreccia con le storie di tre milioni di argentini che non conoscono la loro identità. Questo documentario è stato presentato al Festival Pantalla Pinamar e arriva in questi giorni sugli schermi argentini. Nasce dalla ricerca personale dell'autrice che nel 2003 ha deciso di indagare sulle sue origini.
"Fin da bambina ho sempre avuto la sensazione di non essere la figlia biologica dei miei genitori - ha detto la regista all'Ansa - Recentemente, quando avevo 38 anni ed entrambi sono morti, i miei sospetti si sono confermati. Così ho iniziato un cammino che non è ancora finito".
Tempo fa un incidente che quasi le costò la vita: il pavimento di uno studio medico nel quale aspettava di essere visitata, sprofondò improvvisamente, cadendo diversi metri sottoterra. "Mia madre adottiva era sempre stata una donna debole e malaticcia. Io in quel momento sentivo dentro di me una grande forza invece e sentivo che avrei superato quel pauroso incidente, perchè la mia forza arrivava da una altra parte. Quella forza l'avevo ereditata da qualcun'altro, ma da chi?"
Da quel giorno sono andata all'Ufficio dei Diritti Umani del Registro Civile della città di Buenos Aires e ho scoperto un mondo immenso in un piccolissimo spazio: solo tre persone, guidate dalla docente Mercedes Yáñez, avevano creato un archivio monumentale che racconta molto dei destini delle persone.
Attraverso le testimonianze di molte persone che cercavano anch'esse di trovare la loro identità, Alejandra Perdomo ha scoperto che la problematica delle sostituzione di neonati riguarda tutta l'America Latina.Tuttavia non esistono statistiche ufficiali su questi casi. "Le uniche statistiche sono in questo ufficio che riceve le denunce e le informazioni da parte di distinte associazioni per un delitto che ha un nome: tratta delle persone".
Durante tre anni di ricerche, la Perdomo ha seguito l'evoluzione della ricerca dei protagonisti della sua pellicola. Alcune di queste ricerche si sono concretizzate, altre no, ma sperano ancora che possa accadere. Nel film si vede il lavoro silenzioso e continuo di Mercedes Yáñez, titolare e ideatrice di questo ufficio, che consulta migliaia di files, cerca negli archivi degli ospedali e ogni giorno cerca di ricostruire milioni di puzzle.
La Yáñez, da parte sue dice: "Il passato torna sempre" e aggiunge "il nostro compito è quello di fornire gli strumenti a chi sta cercando di riappropriarsi di se stesso. Identità non è avere un nome o un documento, è poter conoscere la propria storia". La Perdono spera che il suo film dia vsibilità al traffico di bambini, un flagello che non diminuisce: dal 1969, tra il 10 e il 15% dei neonati nati a Buenos Aires sono sostituiti (generalmente si dice alla madre che sono nati morti)
"Tutti, o quasi tutti, sappiamo di qualcuno che ha cresciuto un figlio del quale non si conosce l'identità. Si deve battere su questo tema perchè la giustizia possa intervenire e perchè possano essere elaborate statistiche ufficiali e sopratutto politiche preventive", afferma la regista argentina.
La regista con la protagonista del suo docufilm. |
Infine sulla sua ricerca personale di identità che continua ancora adesso, Alejandra Perdomo dice : "'L'aver realizzato questa pellicola e sapere che può essere utile in qualche modo a trovare una soluzione al problema del traffico di bambini, già mi da' una grande soddisfazione".
fonte Ansa
Il trailer di "Nacido Vivos" di Alejandra Perdomo
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