Musica, poesia e il Cile nel cuore - Intervista con i Giambellindios

di Andrea Ballerini

7 maggio 2010

Musica, poesia, stare insieme, un legame con il mondo latino americano e le sue sonorita', la cultura e la voglia di liberta'. Gli Inti Illimani nel passato, nel presente e probabilmente anche nel futuro, questo il filo conduttore nella storia di un gruppo musicale italiano, i 'Giambellindios", che, 'a piu' voci', come e' giusto che sia per un gruppo, hanno raccontato la loro storia ad Expolatinos.com.

Giambellindios, un nome molto latino...milanese ?

Ci risponde Andrea Colle, che nel gruppo e' 'specializzato' in flauti andini. "Il gruppo si chiama 'Giambellindios' in omaggio al noto quartiere milanese ove, piu' o meno, si uni' la formazione originale sul finire degli anni ’70. Allora invece ci chiamavamo molto pretenziosamente 'Jach’a Uru' ('Il Grande Giorno' in lingua aymara) grande giorno di epica riscossa e rinascita per tutti i popoli andini atteso dai tempi della conquista spagnola, che secondo un’antica profezia sarebbe dovuto arrivare dopo il 'Pachacuti' ('la Tempesta'… una sorta di diluvio universale?). Qualcuno ha voluto interpretare l’elezione di Evo Morales in Bolivia (primo Presidente Indio di uno Stato Latinoamericano) come la fine di un’apartheid e l’inizio di una nuova era luminosa, el Jach’a Uru appunto, ma secondo qualcun altro, sono ancora la' che aspettano…


Colle ci illustra poi la composizione dei Giambellindios e le varie specializzazioni di ognuno di loro: " Io sono specializzato in flauti andini: quenas, sikus, rondador, antara; Giancarlo Bavosi: charango, chitarra, mandolina, tiple; Attilio Interlandi: chitarra, tiple, charango; Christian Merino, cileno di Concepcio'n: charango, chitarra, quena; Livio Esposito: cuatro, tiple, chitarra; Piero Parpinello: bombo legüero, percussioni. - e aggiunge - In realta' i ruoli non sono sempre fissi, come vedi tra noi ci sono alcuni polistrumentisti per cui capita che all’occorrenza il charanguista suoni i flauti e viceversa. Cantiamo piu' o meno tutti, anche se da qualche tempo la prima voce titolare (Massimo Camocardi) latita… anzi approfittiamo per lanciare un appello! Cantanti a noi!


Come nasce l'idea di dedicarsi alla musica latino americana ?

"Parte tutto nel 1973
- ci dice Giancarlo Bavosi, Direttore Artistico e arrangiatore - Settembre 1973, primo anno di scuola in un liceo politicizzato, colpo di stato in Cile, primi arrivi degli esuli, inti illimani, ecc…. il resto e' venuto da solo".

"Io sono di poco piu' giovane
- dice invece Colle - ero ancora alle medie e non m’interessavo di musica piu' di tanto… poi qualche tempo dopo a casa di un cugino piu' grande, all’epoca brillante studente d’ingegneria elettronica, nonché industrioso costruttore di amplificatori e casse acustiche artigianali di ottima qualita', venni colpito dalla suggestione di sonorita' e ritmi mai sentiti ('La Nueva Cancion Chilena' disco-feticcio degli Inti illimani che conteneva il mitico inno generazionale 'El Pueblo Unido Jama's sera' Vencido', all’epoca un disco imprescindibile!), avvolto dalla magia del suono stereofonico in alta fedelta', io che ero fermo alla frugale tecnologia del decennio precedente (il mangiadischi a pile coi 45 giri dello Zecchino d’Oro, la sigla de 'La Freccia Nera' e poco altro in dotazione…), rimasi folgorato sulla via di Damasco! Anzi, di Santiago!

Come inizia il vostro percorso musicale per arrivare a quello attuale ?

"Dai bonghi suonati in camera
- ci dice Giancarlo - al primo flauto dolce, al charango pagato a peso d’oro, alla chitarra e poi via via tutto il resto. Internet non c’era, (veramente anche il computer l’avevo visto solo in 2002 Odissea nello spazio) e recuperare informazioni, spartiti, dischi era un casino, ma forse era anche piu' divertente allora a causa dell’alone mistico che avvolgeva il tutto. Le poche competenze e lo studio sono arrivate dopo".

"Dopo 'aver visto la luce' dal cugino
- racconta Andrea - rivalutai il flauto dolce in pura plastica d’ordinanza che sino ad allora - durante le ore di musica a scuola - avro' usato si' e no tre volte come stecca da bigliardo per centrare con palline di carta il buco praticato sul banco, che in epoche precedenti servi' per alloggiarvi un calamaio… mi ci misi a casa e non senza sorpresa scoprii che ci potevo suonare anche quei brani che tanto mi avevano colpito, oltre che a fra' martino campanaro… Poi, in un sordido negozietto trovai un flauto di pan, cominciai a prenderci confidenza e a capire come cavare dei suoni da una serie di tubi affiancati e legati assieme, aperti da un lato e chiusi dall’altro… gli strumenti veri sarebbero arrivati dopo".

Nei ricordi a questo punto si inserisce anche Livio Esposito. "Per quel che concerne me e riaffiora dai miei ricordi, iniziai ad ascoltare gli Inti al festival dell'Unita' nel '73 (proprio quando seppero del Golpe) ma li presi per messicani e non ci feci troppo caso. I loro dischi suonavano in ogni luogo, in ogni piazza, in ogni corteo. Cosi' i miei parenti ed amici mi convinsero e andai a quel concerto al palasport degli inti (1975). Mi colpirono le voci, gli strumenti ed incominciai ad inventarmi uno stile musicale simile al loro con un flauto cinese, assieme ad un amico che sapeva suonare la chitarra e che piu' o meno ci prendeva con gli accordi….".

La storia del gruppo: come nasce, come inizia e come prosegue?

"La mia vicina di casa, un giorno mi dice che conosceva uno che suonava uno strumento simile al mio.
- dice Giancarlo - Incontro cosi' Massimo Camocardi che allora mi pareva un mostro di bravura perché 'sapeva' suonare il Tinku sul Gamboa (charango di marca, allora mitizzato) comprato da Scarano (all’epoca forse l’unico trafficante di strumenti andini, grande collezionista di strumenti musicali etnici), mentre io ancora non sapevo come accordarlo. Poi annuncio di Livio su doppiovu', una rivista rivolta ad un target giovanile di sinistra, Arriva Andrea, arriva Piero, arriva Marco Torrente tramite Massimo e conosciamo Mauro in fiera, studente di chitarra classica, l’unico a conoscere la musica che si occupava delle armonizzazioni e degli arrangiamenti. Sicuramente uno dei piu' dotati… Ora vive in Svezia. Prove in camera di Livio e a casa mia. Primi 'concerti' (fabbrica occupata in via Bruzzesi a Milano e festa paesana a Zelo Buon Persico lo stesso giorno con un microfono e mezzo in sei). In quel periodo si formano altri gruppi a Milano, ci si odia, ci si ama e ci si scambiano elementi, arrivano le cilene (la famiglia Alvear, il gruppo di ballo 'Arauco') e crolla il velo di mitologia sul popolo che soffre, lotta e spera. Pausa di ognuno per il militare e successivo reincontro ed entrata nel gruppo Sendanueva. Passaggi obbligati attraverso la musica celtica/napoletana/antica. Nuova annosa pausa e alcuni di noi risorgono dall’oblio col gruppo Cordigliera di Cremona che poteva vantare lusinghiere collaborazioni (era il gruppo di supporto ai mitici Quilapayu'n). Ci si lascia, ci si cerca, ci si prende, ci si piega e ci si spezza ma non si riesce a smettere. Nel mentre arrivano le risorse informatiche a tamponare qualche problema di distanza, gli arrangiamenti virtuali aiutano ad immaginare come potrebbe essere la cosa… ci si arrabatta insomma. E via cosi'".

Al racconto di Giancarlo, fa eco anche quello di Livio. "Decisi di mettere su un gruppo e tramite un'inserzione pubblicata su Doppiovu' (una rivista indirizzata ad un target giovanile e di sinistra), mi rispose Andrea. Un quindicenne con la faccia coperta dai capelli che appena appoggio' la quena (mai vista prima da vicino) al labbro riusci' a cavarci un brano (io non riuscii dopo neanche sei mesi a farla suonare!!!), un vero talento! Poi fu la volta di Giancarlo che suonava bene il charango, la chitarra e i suoi vari pifferi d'origine a me strana! Infine,tramite lui, conobbi Massimo un cantante eccezionale e suonatore di charango e chitarra. Il gruppo si divideva in due: Quello creato da Giancarlo ed il mio, alla fine ci unimmo con la prima esibizione in fiera dove conoscemmo Mauro, un eccellente chitarrista (ora emigrato al Nord d'Europa). Io ero entusiasta ma non un musicista, cosi' nel '79 dopo un concerto al teatro dell'Arte (storico per noi) mi ritirai dal gruppo che continuo' per anni in tutti i suoi cambiamenti. Resto' sempre l'amicizia e quando ci si ritrovava alle varie cene una chitarra,un charango, una quena, saltavano sempre fuori. Sono passati 34 anni ed eccoci ancora qua. Piero, Giancarlo, Andrea, Massimo, le New entry Attilio e Cristian ed io. Gli stessi brani riarrangiati, alcune novita', molti piu' strumenti, meno capelli in testa e meno tempo da dedicare alle prove...".

E per quanto riguarda il vostro rapporto con la cultura e realta' sudamericana ?

"La realta' piu' diretta e' quella telefonica e in videochat con mia suocera e dei miei cognati"
, dice Giancarlo, mentre Andrea, piu' diretto, risponde: "Ora come ora 'pollo a la brasa' al ristorante peruviano, ogni tanto…"

Avete rapporti con associazioni o gruppi sudamericani ?

"Anni fa
- ci spiega Giancarlo - avevamo piu' contatti con parte della comunita' cilena di Milano e partecipavamo a feste, iniziative ecc. Ora di gruppi e associazioni non conosciamo praticamente quasi piu' nessuno. I contatti piu' frequenti li avevo fino all’anno scorso con le squadre di softball amatoriale di Santo Domingo, Venezuela, El Salvador che ci asfaltavano regolarmente a ogni partita, ma poi finiva a tarallucci e vino (e soprattutto birra)".

"Io avevo stretti contatti con i numerosi musicisti boliviani che dalla meta' degli anni ’90 erano attivi soprattutto come 'mangueros' (musicisti da strada) a Milano.
- dice Andrea - Tra loro, molti 'esuli' da Parigi che all’epoca era un po’ la mecca, citta' tradizionalmente curiosa, attenta, aperta al nuovo e all’esotico; ma che ad un certo punto venne saturata, la diaspora che necessariamente ne consegui' porto' tanti musicisti peruviani, ecuadoriani e soprattutto boliviani qui da noi.Tra questi c’erano parecchi veri e propri maestri, profondi conoscitori delle proprie tradizioni, eccellenti musicisti nonché ex membri di gruppi per noi allora mitici, ascoltati solo su rari dischi comprati in Francia: Los Ruphay, Kollamarka, Boliviamanta, ñanda mañachi… cominciai a suonare con loro per strada, nei festival e nei locali e finalmente imparai tecniche, ritmi e tutto quanto potei 'rubare'. Iniziai cosi' a conoscere la vera musica tradizionale, autoctona e cominciai a capire che differenza passava tra 'nueva cancion' o 'neo folklore' e vera musica tradizionale".

Prossimi impegni ?

"11 settembre?
, fa Giancarlo, al quale risponde Andrea "11 settembre. Anniversario tragico del golpe cileno del ’73. Non dimentichiamo che ci sono 'altri' 11 settembre…"

Una bella storia, una storia di passioni, di ideali, di vera musica e di amicizia, che e' giusto concludere con le parole di Livio Esposito. "La passione e' rimasta, cosi' come l'amicizia e la voglia di ridere e divertirsi. Abbiamo cinquant'anni circa, la musica ci fa tornare in quegli anni di studio e ribellione, d'Eskimo e finte Clark's, di lunghe sciarpe attorcigliate e poche lire in tasca: a noi Giambellindios piace che sia cosi'... Il resto e' tutta musica e poesia o quasi!".

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