di Antonella Marconi
13 aprile 2010
Le storie, come le vite, sono fatte di speranze e di ricordi, di affetti e di progetti, piu' o meno tutte e anche quella di Wilson Aguillar e Silvana Ramirez,
nati e cresciuti in Ecuador, lui a Naranjal e lei a Machala, ma che il
destino e il coraggio delle scelte hanno fatto incontrare a migliaia di
chilometri da casa, in Italia. Wilson, 31 anni, e Silvana, 30, ora
vivono a Barbaiana di Lainate, piccolo centro appena fuori da Milano
sulla direttrice che porta verso i laghi e le Prealpi; hanno un bimbo,
Joel, di cinque anni, molti amici e una vita sostanzialmente serena, ma
con molta fatica e ancora qualche dubbio alle spalle
Expolatinos.com li ha incontrati e ne e' nata una piacevole
chiacchierata sulla loro storia, sulle loro speranze e sui loro
progetti. Tutto, come ogni ‘storia' che si rispetti parte da lontano,
parte dall'Ecuador, la loro patria, dove Wilson Aguillar faceva il
rappresentante della Nestle' e lo stipendio non era niente male, mentre
Silvana Ramirez faceva la segretaria, ma per entrambi, nonostante tutto,
la vita non era per niente facile, tanto da decidere di fare una scelta
difficile, ma inevitabile, ‘indossare' il vestito di migrantes.
Destinazione Italia.
"Abbiamo scelto di venire in Italia perché il sogno di tutti gli
ecuadoriani e' ‘di fare dei soldi' per poter ritornare un giorno nel
nostro paese - ci dicono Wilson e Silvana - e costruire una vera casa e aprire un piccolo negozio per essere liberi quindi non come dipendenti di qualcuno".
L'inizio non e' stato certo facile: "Quando sono arrivato, - racconta Wilson -
pur avendo qui dei parenti che vivevano in Italia, ma sembrava che non
fossero molto ‘felici' di aiutarmi. Mia sorella mi ha dato una stanza e
io gli pagavo l'affitto.. Poi ho trovato un lavoro e sono riuscito
finalmente ad andare a vivere da solo”
Per Silvana invece un inizio con tanta tanta nostalgia "Io avevo raggiunto mia mamma che era gia' qui, ma ero triste e spesso piangevo perché sentivo la mancanza della mia terra”
Poi la vita insieme, ma i problemi c'erano sempre, come racconta ancora Silvana : ”Ho
avuto problemi con la questura perché faceva storie per farmi avere il
permesso di soggiorno, e una volta, quando il nostro bambino era
piccolissimo, ero andata in questura, dove prendono le impronte
digitali a tutti. Il piccolo aveva la febbre ed era rimasto a casa, ma
non mi credevano, dicendo che tutti fanno cosi' perché vogliono il
permesso, ma il bambino non c'e'. O lo portavo con me oppure niente
permesso. Facevamo delle code fin dal mattino prestissimo, alcuni anche
di notte. Una volta, mentre aspettavamo, sono andata sotto una pianta
per allattarlo….. “
Ora il tempo e' passato e le somme si possono cominciare a tirare e con maggiore serenita'. ”Siamo contenti della scelta fatta per quanto riguarda la sicurezza del lavoro (adesso lei lavora in una cooperativa per una ditta farmaceutica e lui in una cooperativa che fa stoccaggio di detersivi),qui
e' piu' sicuro rispetto al nostro paese, abbiamo una vera casa e
possiamo pensare che il nostro bambino possa crearsi un futuro, essendo
nato qui. Quello che ci manca e' il resto della nostra famiglia che
abbiamo lasciato in Equador”.
Putroppo la diffidenza e l'ignoranza delle persone e' forte e qualche episodio di razzismo l'hanno vissuto: "Quando
nostro figlio era all'asilo, inizialmente qualche bambino, ma non per
sua volonta' piuttosto perché condizionati dagli adulti, evitava di
parlarci o salutarlo - dicono Wilson e Silvana - solo perché e'
scuro di pelle e si “vede” che e' straniero. In un'altra occasione,
quando siamo riusciti a comprarci la casa, le persone non credevano che
fosse nostra….”
Alla domanda su cosa manca loro di piu' dell'Ecuador, ci rispondono: “Prima di tutto la famiglia, il cibo, il clima, la vita indubbiamente piu' semplice e - dice Silvana sorridendo - anche le telenovelas” . Per quanto riguarda invece l'Italia: ”Beh
non riusciamo proprio a farci piacere il clima, l'inverno, ma per il
resto ,l'Italia e' un bellissimo paese con tante opportunita'”, dice Wilson.
Naturalmente il desiderio rimane quello di tornare in Ecuador, ma ora e' chiaro che non potrebbe essere per sempre. ”Quando
siamo la' pensiamo all'Italia e alla sicurezza che abbiamo qui, pero''
quando siamo qui e' naturale pensare ai parenti lontani e un po' di
tristezza nel cuore c'e' come ad esempio quando il nonno e' morto e non
siamo potuti andare al funerale e vederlo per l'ultima volta”.
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